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Patto Ue migranti: modifica regolamento Dublino. Buone notizie per l’Italia

BRUXELLES – Il nuovo Patto su migrazione e asilo, in discussione da tempo in Europa, dovrebbe riformare il regolamento di Dublino, che norma le richieste di asilo delle persone migranti che entrano in Europa. Il regolamento prevede che se una persona entra nell’Unione europea e vuole fare richiesta di asilo, a occuparsene debba essere il primo Paese Ue in cui è arrivata. È il cosiddetto principio del Paese di primo ingresso. Per uno Stato di frontiera come l’Italia, questo ha significato negli anni un carico importante di procedure da gestire, tanto che la modifica è stata più volte richiesta dai nostri governi, a partire da quello Renzi.

La nuova formulazione, come riportata sul sito fanpage.it, prevede che: “Se un richiedente ha attraversato il confine di uno Stato membro irregolarmente, il primo Stato in cui è entrato è responsabile di esaminare la richiesta di protezione internazionale. La regola non si applica se il richiedente è sbarcato sul territorio nazionale a seguito di operazione o un’attività di ricerca e soccorso”. Questa nuova formulazione significherebbe che, per le persone migranti che arrivano in Italia dal Mediterraneo e vengono soccorse da Ong o Guardia costiera, l’Italia non sarebbe automaticamente responsabile delle richieste di asilo, e quindi gli altri Stati europei nei quali i clandestini fossero arrivati,

Un altra modifica è ancor più importante per l’Italia. Questa la proposta contenuta nel nuovo progetto: “Per garantire una equa condivisione delle responsabilità e un equilibrio negli sforzi tra i Paesi membri, dovrebbe essere stabilito un meccanismo di solidarietà vincolante”. Così si legge nel testo, che indica anche che questo meccanismo dovrebbe adattarsi soprattutto agli Stati membri “che si trovano sotto pressione migratoria, incluso nei casi in cui questa è legata a ricorrenti arrivi via mare e tramite sbarchi a seguito operazioni o attività di ricerca e soccorso”. Insomma, un sistema pensato per assistere obbligatoriamente – e non più su base volontaria come avvenuto negli ultimi anni – i Paesi che affrontano un alto numero di arrivi a causa dell’attività delle navi Ong e di altri soggetti.

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